Sto cercando di evitare di comprare libri di cui non so niente, ma con la Trilogia della città di K. di Agota Kristof non ci sono riuscita. Si tratta di un libro di cui ho sentito parlare benissimo da tutti e quindi è rientrato subito tra le letture che volevo fare. Ci troviamo in una paese di cui non conosciamo il nome, un’ambientazione storica di cui non conosciamo la collocazione e con dei protagonisti di cui non conosciamo il nome. Il fatto che non ci venga detto il luogo preciso in cu accade la vicenda, o la nazione, rende questa storia universale. È possibile vedere le vicende che accadono qui come applicabili a tutti i contesti in cui abbiamo un paese in stato di guerra. I protagonisti sono due bambini, i cui nomi verranno svelati solo nel secondo libro*, vengono lasciati dalla madre, che non può prendersene cura, alla nonna. La nonna, soprannominata La strega è una vecchia estremamente crudele con i due bambini che mette subito a lavorare, perché nella sua casa niente è gratuito e tutto deve essere guadagnato.
La prima cosa che mi ha colpito è stato il punto di vista, perché anche se abbiamo una narrazione in prima persona abbiamo due personaggi che parlano. Si tratta quindi di un caso molto particolare in cui la prima persona è usata al plurale. I due bambini fanno le stesse cose, e il loro rapporto sembra essere malsano, perché nessuno dei due sviluppa un personalità propria. Nonostante il punto di vista cambi leggermente negli altri due libri, ho trovato questa scelta molto interessante e perfetta per parlarci di due gemelli, che condividono tutto, anche i pensieri.
Avevo sentito dire da tutti che questo libro era molto crudo, ma devo essere sincera a dirvi che non avevo preso questa cosa molto sul serio. Non sono una persona che si impressiona molto facilmente, almeno per quanto riguarda i libri, quindi pensavo di poter gestire la cosa senza problemi. E invece no. Nel romanzo ci sono degli eventi orribili. C’è un’abbondanza ai limiti della legalità di violenza, scene di incesto, di violenza sessuale e cattiveria gratuita. Non pensavo veramente di trovare cose del genere, e non pensavo di trovarle con lo stile scelto dalla Kristof. Lo stile è terribilmente asciutto, caratterizzato da delle frasi molto brevi e incisive e la cosa più forte di questo stile è che non si dilunga e non ha fronzoli neanche quando succedono delle cose orribili. Il romanzo è costellato da molteplici episodio di violenza sessuale, scene di pedofilia e zoofilia, ma anche in quelle scene lo stile non viene arricciato da descrizioni lunghe per dare risalto a quello che accade. questa scelta pone questi eventi moralmente discutibili sullo stesso piano delle altre cose, normali, che avvengono, e la conseguenza è che questi eventi vengono posizionati sullo stesso livello delle altri eventi, pur appartenendo evidentemente ad un livello morale e etico decisamente diverso.
Vorrei cercare di non rovinare la lettura a nessuno, quindi non mi dilungherò su quello che succede nella storia, ma ha un risvolto inaspettato. Una delle tematiche centrali del romanzo è senza dubbio la realtà, o meglio, il confronto tra il reale e l’immaginario. Creando una storia in cui è difficile, se non impossibile, scindere le due cose.
È stata una lettura inaspettata, ma molto apprezzata. La crudezza che ho trovato in questo romanzo non è comune, e rappresenta un’altra stupenda narrazione della guerra e delle conseguenze degradanti che questa comporta.