Follia (1996) di Patrick McGrath è un libro che mi ha incuriosito per molto tempo. Ogni volta che andavo in libreria lo vedevo, leggevo la quarta di copertina, ma poi lo rimettevo giù perché non è uno di quei libri che leggerei di solito e non mi andava di spendere i soldi per comprare un libro che probabilmente non mi sarebbe piaciuto. Un paio di mesi fa però, dal momento che c’erano gli Adelphi scontati del 25%, mi sono convinta a comprarlo, anche perché sto cercando di scoprire nuovi romanzi, e sto cercando di allontanarmi dalla mia “zona sicura” per esplorare nuovi orizzonti e magari scoprire qualche altra meraviglia. Adesso posso dire senza timore di essere stata molto felice di aver comprato e letto Follia.
Ci troviamo in Inghilterra nel 1959 e il nostro narratore è Peter Cleave uno psichiatra che lavora in un manicomio immerso nella campagna inglese, sarà lui a guidarci per tutto il libro raccontandoci la storia d’amore che riguarda Stella, la moglie di un suo collega, e Edgar, un paziente che tiene in cura da diverso tempo. Questo narratore è veramente stupendo. Una cosa che ho trovato molto interessante, che però non è da imputare al libro, quanto piuttosto alla scelta di questo tipo di narratore, è quando Peter si sposta dal ruolo passivo del narratore a quello attivo del personaggio ed entra nel vivo della vicenda. Questo spostamento avviene con una estrema naturalezza e noi ci facciamo trasportare dalla sua memoria degli eventi dentro gli eventi stessi. Peter Cleave è inoltre molto bravo a creare suspence, ci sono molti momenti, specialmente all’inizio, dove lascia qua e là delle frasi che preannunciano alcune cose relative ai nostri due protagonisti e alle loro storie, ma ci svela il tutto solo a momento debito.
Il fatto che sia uno psichiatra rende la descrizione che ci viene fornita molto interessante, perché si tratta di una persona non solo colta, ma anche distaccata e attenta a quello che succede. Questo almeno è quello che pensiamo all’inizio. Proseguendo nella lettura troveremo degli elementi che ci faranno dubitare della sua attendibilità, non possiamo infatti avere la certezza assoluta che quello che stiamo leggendo sia la verità. Tali dubbi ci vengono principalmente dal fatto che la vicenda, per come ce la racconta Peter, è la versione che Stella ha deciso di narrargli, è quindi possibile che la sua versione non sia quella vera. Inoltre nel romanzo viene sottolineato più volte come Stella menta agli altri. Come seconda cosa il nostro narratore perde gradualmente la sua freddezza e ci troviamo davanti delle frasi che ci fanno capire meglio cosa pensa e come realmente è.
La sua attenzione per Edgar sembra essere giustificata dal fatto che sia il suo psichiatra, ma in alcune pagine sembra emergere quasi un’ossessione per questo artista che, in preda alla gelosia, uccide brutalmente la moglie infierendo sul suo cadavere. La prima avvisaglia la ritroviamo a pagina 74, dove, una volta scoperto che Edgar era fuggito, dice che “aveva ancora bisogno di me”. Qui Peter avrebbe potuto benissimo dire “aveva ancora bisogno delle mie cure” o qualcosa del genere, ma invece sembra sottolineare quel “me”. Questo dettaglio ci mostra un’attenzione per Edgar che non è giustificata dal mero interesse professionale. La sua ossessione risuona in tutto il libro, anche se non in maniera diretta, specie nella frase finale. Nell’ultima scena abbiamo Peter che ha con se una scultura della testa di Stella, questa scultura è stata fatta da Edgar e sembra quasi che la sua attenzione non sia tanto per chi rappresenta quella testa, quanto piuttosto per chi l’ha fatta.
Mi ha anche sforato l’idea, non completamente folle, che Peter possa provare un’attrazione omosessuale per Edgar. C’è addirittura un punto, a pagina 94, dove Peter sembra quasi identificarsi con il personaggio di Stella:
La mia ansia di sapere dov’era Edgar, e come stava, si rispecchiava, per una specie di aberrazione ottica, in Stella, tanto che più avanti ravvisai nella sua infatuazione sessuale e amorosa per lui il riflesso, certo primitivo e distorto, ma comunque un riflesso, della mia sollecitudine per un uomo malato, che si trovava, privato di qualsiasi appoggio terapeutico, in una situazione di grande tensione e incertezza.
A mio avviso, questo interesse non è quello di un medico che ha in cura un paziente, ma è un interesse quasi morboso. Inoltre sembra che Peter voglia avvicinarsi, e identificarsi, con Stella, probabilmente perché vorrebbe ricoprire il ruolo che Stella ha nella vita di Edgar.
Anche il rapporto tra Peter e Stella è molto particolare. Inizialmente ci viene presentato come un’amicizia tra i due, verso la fine però il suo interesse per Stella sembra aumentare e culminerà con una proposta di matrimonio. Ho l’impressione che quello che sia in atto non sia altro che un desiderio mimetico, ovvero l’interesse di Peter (soggetto) per Stella (oggetto del desiderio), non è un interesse spontaneo, ma è invece una conseguenza del rapporto che Peter ha con Edgar (che ha la funzione di mediatore). Quindi in realtà Peter ha portato la sua ossessione per Edgar talmente all’estremo da volerlo emulare o comunque da cercare di avvicinarsi il più possibile a lui, sposando quindi la donna che ama, per tentare di capirlo meglio. Primo ho dato la mia interpretazione che questa fissazione sia giustificata da un interesse sessuale, ma non escludo che potrebbe anche essere semplicemente un interesse medico, benché il comportamento di Peter sia poco professionale. Indice di questo è anche la frase finale del libro “E naturalmente ho lui.” che è anche isolata graficamente, in quanto unica frase di quel paragrafo. Frase che fa convergere tutta l’attenzione nuovamente su Edgar.
Spostandoci sugli altri protagonisti è giunto il momento di parlare di Stella. Lei è la moglie di un giovane psichiatra con cui ha un figlio, ma con cui il matrimonio non sta andando bene. Ci potremmo aspettare la classica situazione della moglie annoiata, in realtà qui la situazione è diversa, perché l’interesse per Edgar non sembra aver niente a che fare con la noia. Tra i due c’è subito un’attrazione fatale che li investe completamente. La cosa che mi ha lasciata più sconcertata è probabilmente la totale assenza di senso di colpa di Stella nei confronti del marito. Come in altri romanzi, tra cui Madame Bovary e Cime tempestose, abbiamo una donna che ha un comportamento alquanto scorretto e un marito troppo buono e ingenuo per rendersene conto e che stimola tutta la nostra pietà e comprensione. Stella viene quindi travolta da questa passione, che la spinge addirittura a lasciare il marito e il figlio senza dire niente. Quando poi i due amanti saranno costretti a separarsi Stella tornerà dalla sua famiglia, ma la lontananza da Edgar e il fatto che potrebbe non incontrarlo più la porteranno alla depressione. Questo periodo sarà pesante per tutti i membri della famiglia e terminerà con la morte per annegamento del piccolo Charlie, con la madre che lo guarda annegare senza chiamare aiuto o soccorrerlo.
Il personaggio di Stella fa anche sollevare dei temi importanti, come il ruolo che una moglie ha all’interno del matrimonio, o meglio, come viene vista. In una frase che mi ha colpito molto, Stella afferma che per incontrare nuovamente Edgar “bisognava che nel suo matrimonio tutto tornasse normale. Doveva ridiventare invisibile, per Max.”. Max infatti comincia a interessarsi più alla moglie quando la vede più distratta del solito e questo ovviamente le impedisce di fare quello che vorrebbe fare. Quello che succede è che Stella, in quanto moglie, viene data per scontata. In una situazione normale è invisibile per suo marito, deve solo occuparsi di fare da mangiare e di pulire casa. Questo naturalmente è la conseguenza di un sistema sociale in cui la donna diventa il centro dell’attenzione di un uomo solo quando comincia a dare dei problemi, non prima.
Edgar Stark è l’altro protagonista della vicenda. Si tratta di un artista, anche se il suo talento in questo ambito verrà fuori completamente solo quando lui fuggirà dal manicomio. È anche chiaro però che si tratta di una persona con dei problemi. L’omicidio della moglie, Ruth, è una cosa a cui Stella non da molta attenzione, probabilmente perché, non conoscendolo bene e avendone visto solo il fato affettuoso e tenero, pensa che ci sia una spiegazione. Anche noi lettori siamo portati a pensare che ci possa essere una versione alternativa a quella che Peter ci fornisce. Tuttavia, dopo poco tempo insieme, i comportamenti di gelosia che Edgar aveva sviluppato nei confronti di Ruth si ripresentano anche con Stella. La prima volta che questo accade è quando Stella, svegliandosi e non trovando Edgar al suo fianco, cade nel panico e corre a cercarlo.
Sembrava molto irritato dal suo comportamento.
Stella cercò di spiegargli che si era ridotta in quello stato dalla paura, anzi, dalla certezza che fosse caduto nelle mani della polizia, ma Edgar si allontanò da lei, mettendosi a camminare avanti e indietro. Aveva un’espressione allucinata, si rosicchiava il pollice e ogni tanto le lanciava un’occhiata feroce. Non lo aveva mai visto così, finora le era sempre stato abbastanza forte da contenere le ansie di lei e riuscire a calmala. Stella non capiva che cosa avesse.
“Ti piacerebbe, eh?” disse.
Da questo momento in poi Stella si troverà davanti due persone, a volte ci sarà Edgar, ma qualche volta ci sarà l’altro. Una versione più cattiva e gelosa dell’uomo che ama.
In conclusione, questo romanzo è una storia d’amore dove l’ossessione sessuale, per usare le parole di Peter Cleave, fa precipitare i due protagonisti in una spirale di desolazione. Ne usciranno fuori un uomo che dopo anni di terapia sembra tornare al punto di partenza, con il suo rapporto malsano e geloso per le donne di cui si innamora, e una donna che, seguendo i suoi istinti, distruggerà la sua famiglia e la sua vita. Il tutto narrato da un personaggio-narratore che sembra volersi porre su un piano superiore rispetto ai due, ma che in realtà viene in qualche modo contaminato da questa spiale ossessiva.